Se le luci dei riflettori sono sempre puntate su chi, nel bene o nel male, scatena interesse e suscita attenzioni, per chi il proprio lo fa comunque, ma all'ombra dei primi, spesso diventa difficile anche esprimere un giudizio oggettivo. Le prime due stagioni nella massima categoria per l'inglesino non sfuggono a questo concetto; perchè tra contraddizioni (tante) e difficoltà (troppe) non si riesce ad avere un'idea chiara della caratura e della portata di un pilota che due anni fa vinceva il campionato di Formula2. Campionato che a memoria è stato probabilmente il più ricco di talenti sfornati. A confermarlo basta guardare dove si trovano oggi quegli avversari che lo stesso George surclassava, Albon e Norris giusto per citarne due a caso. Nonostante la giovanissima età, ventitre ancora da compiere, la prossima sarà la stagione numero tre tra i "grandi". Se i presupposti sono tali siamo difronte ad una delle carriere più brillanti degli anni a venire. Ma eccole puntuali dietro l'angolo le contraddizioni e le difficoltà. Prodotto dell' Academy Mercedes, viene mandato in Williams a farsi le ossa. Arriva nel momento storico peggiore del team inglese: disastri tecnici e difficoltà economiche partoriscono una vettura che gira sui tre secondi al giro più lenta della compagnia. In pratica un anno buttato. Questa stagione la musica è diversa, riesce a raggiungere più volte il Q2 in qualifica e per di più sempre davanti al compagno di scuderia. In gara però sembra perdersi. Incostante, poco veloce ed errori banali. Su tutti, un'ingenuità ad Imola in regime di Safety Car che gli è costata la possibilità di prendere i primi punti in assoluto della sua avventura in F1. Confermato in Williams, l'anno prossimo aspettiamoci cose buone, ma non miracoli. In molti, tra cui lo stesso Carlo Vanzini, chiedono di pazientere, il ragazzo presto si farà e ha tutte le carte per consacrarsi campione. E noi che lo abbiamo seguito non possiamo che essere d'accordo. Ma non è abbastanza per convincerci pienamente. La Mercedes punta parecchio sul suo enfant terrible, ma lasciandolo in Williams rischia di bruciarlo. Innanzitutto tecnicamente, perchè navigando a fondo classifica è praticamente impossibile lottare e misurarsi con piloti di ben altro calibro. Si migliora lentamente e si matura poca esperienza. Inoltre assistere mestamente ai percorsi in discesa degli altri giovani talenti in griglia (Leclerc, Albon), potrebbero metterlo in crisi laddove non pazientasse a darsi dei tempi più lunghi. In molti gli riconoscono di diritto un sedile al fianco di Hamilton, storia già vista con Esteban Ocon. E l'esempio non è dei più rassicuranti. Il francese veniva da due ottime stagioni in Racing Point e il salto naturale appariva scontato. E invece si ritrovò a ricoprire il ruolo di terza guida e a "godersi" ogni GP comodamente dai box. Dal carattere tranquillo e dall'agonismo acceso, si dice che sia stata esplicita richiesta dello stesso Hamilton non volerlo come compagno, per non creare disturbo, volendo usare un eufemismo. In più Toto Wolff, giusto per non farsi mancare nulla, è il manager di Valterri Bottas. Penserete voi, giustamente, conflitto di interessi. Ma poco cambia. E se la matematica non è un'opinione e uno più uno fa due, la questione è immediatamente chiarita. Meglio un tranquillo scudiero che un fastidioso talento. Forte Hamilton dell'esperienza in McLaren con Alonso, forti in Mercedes dell'aver compreso che piloti simili nella stessa squadra sono una bomba ad orologeria; chi ha un acquario e hai mai provato a mettere assieme due Pesci Betta, o più comumente Pesci Combattenti, sa a cosa ci riferiamo. Russell corre quindi il pericolo di non poter mai mettere in mostra tutto il suo repertorio, rischiando di essere estromesso dalla griglia non senza rimpianti o attendere magari invano una chiamata da Mercedes. Oppure può farsi una chiacchierata con Ocon e seguire il suo esempio: liberarsi dall'ala protettiva-oppressiva e ascoltare altre offerte.
Seguici su Facebook
Commenti
Posta un commento