L'incidente che ieri pomeriggio ha visto coinvolto Grosjean alla partenza del Gp del Bahrain è un'immagine che ha tenuto col fiato sospeso appassionati e non. La spettacolarità della dinamica e l'apprensione scatenata in seguito all'incendio, hanno riportato alla mente scene del passato che non avremmo mai più voluto rivedere, ma che inevitabilmente in maniera inscindibile faranno per sempre parte di questo sport. Al contrario di quanto si possa pensare il fuoco in F1 è abbastanza raro, seppur iconico quando si presenta. Infatti per ritrovare scene simili a quelle osservate ieri in TV dobbiamo ritornare con la mente al 1994 quando durante il Gp di Germania per problemi al rifornimento, la Benetton di Jos Verstappen si incendiò dando vita ad un vero proprio inferno in corsia box. O ancora al 1989 quando con una dinamica assimilabile a quella occorsa a Grosjean, tale sorte toccò a Gerard Berger dopo essersi schiantato con la sua Ferrari alla curva del Tamburello, proprio quella che solo cinque anni più tardi ci porterà via Ayrton Senna. La tragica scomparsa del campione brasiliano e le polemiche che si susseguirono hanno rappresentato per l'universo F1 uno spartiacque fondamentale per il tema sicurezza.
La ricerca di soluzioni sempre più funzionali e gli interventi sui tracciati infatti hanno consentito di rendere questo sport piuttosto sicuro, anche se le storie di Hubert e Bianchi ci insegnano che i margini di miglioramento sono sempre molto ampi. Quanto accaduto a Grosjean non è quindi frutto di un miracolo inspiegabile, ma di un lavoro costante e di investimenti mirati rivolti alla salvaguardia di chi scende in pista e di chi vive la pista. L'incendio e la vettura spezzata a metà sul piano emozionale e delle impressioni hanno certamente generato destabilizzaione, ma sono solo elementi di contorno. In primis la prontezza dei commissari, gli indumenti ignifughi e il fatto che Romain non abbia perso conoscenza (non sappiamo se causale o figlia della preparazione fisica a cui i piloti sono sottoposti per sostenere Forza G disumana) hanno reso innocue le fiamme, tant'è che il francese è emerso da solo dall'abitacolo. In secondo luogo la cellula di sicurezza progettata da Dallara ha fatto il proprio dovere, resistendo impeccabilmente. L'epsiodio preoccupante è stato proprio osservare come la cellula di sicurezza abbia praticamente bucato il guard rail, incastrandosi fra le lamiere di protezione. Ed è qui che volevamo arrivare.
Perchè se ce ne fosse ancora bisogno, probabilmente anche i più scettici ieri devono aver compreso il valore e l'imprendiscibilità dell'Halo. Inizialmente anche noi non avevamo esultato alla sua introduzione, soprattutto perchè si presta molto poco all'estetica delle vetture. Ma già con l'incidente in Belgio tra Alonso e Leclerc ci eravamo convinti della sua funzionalità. E da ieri lo siamo ancor di più, perchè se non stiamo parlando di un episodio simile a quello che colpì Helmuth Koinigg nel 1974 (per mantenere la leggerezza dell'articolo non riportiamo l'evento, per chi vuole può tranquillamente trovarlo in rete) ma di qualche bruciacchiatura è proprio grazie all'Halo. E non ce ne vogliano i più nostalgici, quelli a cui mancano i tempi dei piloti eroi e delle abitacolo trappole o quelli del "se hai paura non puoi gareggiare". Il rischio ha fatto e farà sempre parte di questo sport, ma non deve essere una pretesa. Dietro al volante ci sono pur sempre uomini con timori, fragilità, affetti. Fanno quello che amano, e lo fanno venendo ben retribuiti, ma non per questo devono mettere in pericolo la propria incolumità a beneficio dello spettacolo e il divertimento altrui. Chi ha qualche anno in più e può ricordare quel maledetto weekend di Imola forse sarà d'accordo con noi. E sa quanto possa far male anche da semplice appassionato o da tifoso sfegatato vivere momenti del genere. La Federazione però deve cogliere l'incidente di ieri per riflettere e fare dei passi in avanti. E' impossibile prevedere ogni variabile e come spesso avvenuto i progressi in termindi sicurezza sono arrivati o dopo gli spavanti o dopo le tragedie. Quelle protezioni vanno senz'altro riviste, almeno per il prossimo futuro, nonostante vengano piazzate in punti dove le possibilità di impatto sono pressochè minime. Ma sappiamo che le leggi della statistica e delle probabilità spesso siano ingannatrici e traditrici. Perchè per quelle velocità un semplice guardrail si è dimostrato inefficace ad assorbire quel tipo di urti, al netto dell'angolo di impatto, sia perchè una differente deformazione della lamiera avrebbe potuto rendere complicata l'estrazione del pilota mentre era avvolto dalle fiamme.
La ricerca di una sicurezza sempre maggiore non è, e per questo non deve essere percepita, come deterrente per lo spettacolo, ma è parte integrante di essa. Perchè il limite è avvicinabile solo nel momento in cui i rischi sono ridotti al minimo. I piloti di oggi non sono meno coraggiosi di quelli del passato e quelli del passato non avevano meno da perdere. Un tempo raggiungere il limite, viste tecnologie e condizioni, era non più semplice ma più immediato. Ed era questione di nulla superarlo. E non possiamo dimenticare come più di una volta sia andata a finire...
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