"Il vostro futuro non è ancora stato scritto, quello di nessuno. Il vostro futuro è come ve lo creerete. Perciò createvelo buono." E' così che Doc saluta Marty e Jennifer prima di far ritorno al 1855, nell'ultima scena del capitolo finale di Ritorno al futuro, trilogia che a non conoscerla, ci si meriterebbe la dannazione eterna. Se per Robert Zemeckis, nella pellicola, la macchina del tempo è rappresentata da una magnifica ed elegantissima Delorean, nella nostra realtà e nel nostro tempo, ciò che gli somiglia di più è una giallo-nera Renault. La prima per viaggiare da un'epoca all'altra aveva bisogno di raggiungere le 88 miglia orarie. La seconda per farlo ha una sola possibilità, quella di esssere ricordata per i suoi successi. E Alonso questo lo sa bene. Proverà a crearsi ancora una volta il proprio futuro ripartendo da qui. Proverà a crearselo buono anche stavolta, anche se non sempre è andata come doveva.
Il riferimento al terzo capitolo della saga cult degli anni '90 non è frutto del caso. A marzo, al primo appuntamento della stagione, sarà la terza volta che le strade del pilota asturiano e del team francese si incroceranno. Quello che è stato passato, una volta ancora sarà futuro. Perfetta incarnazione del principio dell'eterno ritorno dell'uguale della filosofia nietzschiana. Ciò che è stato tornerà inesorabilmente ad essere. Un ritorno all'origine di tutte le cose, al primo capitolo della sua trilogia personale, terminato con l'arrendersi di Schumacher e la sua consacrazione. Alonso come tutti i grandi campioni è sempre pronto a misurarsi con sè setesso, a sfidarsi, a capire dov'è il proprio limite. Mettersi in discussione e correre il pericolo di rimanerne scottato non è mai sembrato essere un problema. La scelta più semplice per piloti di tale portata, è in realtà la più complessa possibile. Per tutta la carriera si è assunto il rischio delle proprie decisioni, senza compromessi. Scelte che più di una volta ha pagato. E' come se ad un certo punto si fosse trovato sempre al posto sbagliato al momento sbagliato. E anche quando probabilmente il luogo pareva essere giusto, i tempi non lo erano mai. Il titolo del 2007 sfumato per una gestione interna al team McLaren scellerata, grida ancora vendetta. Tempo un anno ed è il momento di fare le valigie, di nuovo. Siamo già capitolo due della trilogia. Il figliol prodigo è tornato. Ma è tutto tremendamente diverso. L'alchimia di due anni anni prima è scomparsa e non tornerà. La Renault ed Alonso questa volta si amano ma non si piacciono. Altro giro, altra corsa. Biglietto di sola andata per l'Italia, direzione Maranello. Le cinque stagioni in rosso stampano nella mente di Fernando e dei tifosi due immagini su tutte. Abu Dhabi 2010, seduto su un gradino con la testa fra le mani. Interlagos 2012, sguardo fisso nel vuoto. In entrambi i casi campionato perso all'ultimo respiro. Mai contentabile, ci riprova e torna in McLaren. L'accordo, al tempo esaltato e romanzato per la fornitura dei motori Honda, fa ovviamente sprecare i paragoni con Senna e i suoi anni d'oro. Quei paragoni resteranno solo stampati su qualche giornale che qualcuno avrà ben conservato in un cassetto . I problemi cronici del propulsore lo trascineranno a combattere per le ultime posizioni, in quei rari casi in cui non lo costringeranno a parcheggiare a bordo pista. I fallimenti, i tormenti, i rimorsi hanno superato di gran lunga i successi. La pazienza ormai poca, porta a chiuderla qui.
Comprendere Alonso il pilota è difficile. Comprendere l'uomo ancor di più. Ma lui è un'eccezione; Alonso uomo e pilota sono inscindibili. Capito uno, capito l'altro. E' uno che si è costruito da solo, col sacrificio, col lavoro duro e con il carattere, meritando le sue occasioni e i suoi riconoscimenti. E' uno che da bambino, nei fine settimana, caricava insieme al padre un kart sul loro furgone. Se ne andavano in giro per l'Europa non a rincorrere un sogno, ma a ricercare quello che già era un obiettivo. E tra sogno ed obiettivo di differenza ce ne passa. Obiettivo che una volta, sempre col solito furgone, li ha spinti a partire da Oviedo, casa loro, destinazione Lecce. E Fernando il mattino seguente era in classe a seguire le lezioni. Ha dato spesso l'impressione di chi è troppo duro con sè stesso, come se non si meritasse tutto ciò, mai appagato, mai sazio. Ogni decisione è voluta essere una dimostrazione di carattere, a sè innanzitutto, agli altri poi. Averci a che fare in pista era qualcosa di tremendamente complicato e i compagni di squadra erano i primi a rendersene conto. Anche quando bersagliato di critiche o sommerso dalle polemiche, ha sempre reagito con impassibilità, prestando raramente il fianco. Un carismatico che calamita attenzioni, tutt'oggi. Questo carattere difficile, soprattuttoin pista, è figlio certamente di un modo di essere, ma è rincarato dalle delusioni e dalle aspettative tradite negli anni. Nelle parole e nei comportamenti si avvertiva piuttosto facilmente una frustrazione e una rassegnazione figlie dell'incapacità di ripetersi e di imporsi. Perchè in cuor proprio Fernando sapeva di cosa era capace di dare e di fare. Ma circostanze e vetture dopo il 2006 hanno smesso di andargli incontro. In pista metteva una velocità ed una aggressività fuori dal normale. Un pilota capace di andare oltre i propri mezzi, oltre i limiti tecnici delle monoposto che guidava, tirando fuori prestazioni inspiegabili a cui ancora oggi un senso non lo si trova . Silverstone 2011 o Valencia 2012, vedere per credere. C'è chi gli contestava una scarsa capacità di contribuire allo sviluppo delle vetture, e che questo suo limite sia stato causa di stagioni buttate al vento. Ma abbassata la visiera, puntualmente la grinta e la tecnica spazzavano via qualsiasi dubbio sulle sue qualità. Un pilota lucido e razionale, paradossalmente esaltato dalla pressione.
Il ritorno in Renault, atto terzo, non è un semplice modo per combattere la noia dopo il ritiro. Nelle ultime stagioni sembrava dare l'impressione che la frustazione avesse lasciato spazio ad una sorta di giocosa e tranquilla accettazione. La scena nelle libere del GP di Brasile 2016, dove appiedato dalla sua McLaren a bordo pista, decide di sdraiarsi al sole sulla sedia di un commissario, è ai limiti del poetico. Capace finalmente di prendersi e prendere tutto il resto meno sul serio, dandosi un pò di respiro. Di capire di essere ancora una volta al posto giusto, ma al momento sbagliato. E che valesse la pena prendersi un attimo di respiro, giusto per riorganizzare motivazioni ed obiettivi. L'Alonso-Renault parte terza non nasce come riproposizione di un sogno nostalgico e romantico, ma con lo scopo concreto di tornare indietro lì dove tutto era iniziato
Marty devi tornare indietro con me. Ma...indietro dove? Indietro nel futuro!
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